Print Friendly, PDF & Email

The measure is available in the following languages:

CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLE FINANZE SULLA PROCEDURA DI TASSAZIONE DELLE PERSONE GIURIDICHE ECCLESIASTICHE E DEL CLERO

 

del 25 febbraio 1959, n. PO 1694/3/59

 

 

Il Ministero delle finanze, in relazione alla sua circolare del 26 gennaio 1957, n. ZPO 5/57, precisa che a partire dall’anno fiscale 1959 in materia di tassazione delle persone giuridiche ecclesiastiche, delle comunità e congregazioni religiose che operano in base alla legge sulle associazioni successivamente chiamate « comunità religiose », nonché del clero, bisogna seguire i seguenti principi:

1) L’imposta sull’entrata per gli introiti delle persone giuridiche ecclesiastiche e delle comunità religiose.

1. - In conformità all’art. 2 del decreto sull’imposta sulla entrata, le persone giuridiche e le associazioni che non hanno personalità giuridica sono esenti dall’imposta sull’entrata se, in base allo statuto, hanno speso durante l’anno fiscale o in quello successivo, tutte le entrate direttamente per scopi di carattere generale, scientifico, d’istruzione culturale, sportivo, di culto religioso, di beneficenza e assistenza sociale. Queste persone sono soggette alla imposta sull’entrata per l’incasso dei fondi che sono sottoposti alla tassa sul valore di transazione e non sono esenti da questa tassa.

Questa prescrizione è valida anche per le persone giuridiche ecclesiastiche e per le comunità religiose, se i competenti dipartimenti per gli affari ecclesiastici constatano che le comunità religiose agiscono in base alla legge sulle associazioni. In relazione a ciò, le entrate ottenute dalle persone giuridiche ecclesiastiche e dalle comunità religiose per un’attività economica soggetta all’imposta di ricchezza mobile, sono soggette all’imposta sull’entrata.

Al contrario, le entrate da altre fonti che non siano soggette all’imposta di ricchezza mobile, sono libere dalla imposta sull’entrata solo nel caso in cui vengano totalmente e direttamente usate per gli scopi fissati nel disposto dell’art. 2 del decreto per l’imposta sull’entrata. Se invece, una parte almeno di queste entrate viene utilizzata per altri scopi (per es. per i seminari ecclesiastici), allora tutte le entrate sono soggette all’imposta sull’entrata.

Il problema di che cosa bisogna considerare come spese sostenute direttamente per scopi di culto religioso è spiegato nell’ordinanza del Ministro delle finanze del 28 febbraio 1951 per l’esecuzione del decreto per l’imposta sull’entrata e nella circolare del Ministero delle finanze del 25 febbraio 1959.

In base a queste prescrizioni, bisogna comprendere fra le spese sostenute direttamente per scopi di culto religioso, anche le spese per l’acquisto di vasi e oggetti liturgici (calici, ostensori, ecc.), paramenti liturgici (cappe, cotte, ecc.), biancheria di chiesa (tovaglie, ecc.), vino per la messa, candele, olio, ostie, e le spese per il mantenimento in condizione di uso di chiese, cappelle e altri oggetti sacri (case di preghiera, ecc.). Al contrario, le spese per il mantenimento degli ecclesiastici, dei religiosi e del personale di servizio, per il mantenimento dei seminari ecclesiastici e dei noviziati e per investimenti — come per es. la costruzione, l’ampliamento, la ricostruzione o il restauro di edifici ecclesiastici oppure l’adattamento di edifici per scopi sacri — non sono comprese nelle prescrizioni per l’imposta sull’entrata come spese sostenute direttamente per scopi di culto religioso.

Fra i costi di funzionamento da detrarre, per le persone giuridiche ecclesiastiche e per gli ordini religiosi, bisogna anche includere le retribuzioni dei superiori e dei membri dell’amministrazione delle persone giuridiche ecclesiastiche e degli ordini religiosi. Nei costi di funzionamento da detrarre, per le persone giuridiche ecclesiastiche e per gli ordini religiosi, non si includono invece i costi di mantenimento delle persone ecclesiastiche e dei membri di ordini religiosi anche nei casi in cui tali persone lavorino nell’ambito di attività economiche soggette all’imposta di ricchezza mobile, a carico di persone giuridiche ecclesiastiche o di ordini religiosi.

2.- La prescrizione del § 28 dell’ordinanza del Ministro delle finanze dell’11 gennaio 1951 sull’esecuzione di alcune disposizioni del decreto sulla procedura di tassazione, obbliga i contribuenti della imposta sull’entrata a denunciare il reddito ottenuto nell’anno precedente o l’eventuale defìcit. Questa prescrizione obbliga anche le persone giuridiche ecclesiastiche e gli ordini religiosi.

Le persone giuridiche ecclesiastiche e gli ordini religiosi hanno l’obbligo di presentare le dichiarazioni sugli anticipi mensili, se svolgono attività soggette all’imposta di ricchezza mobile, oppure se la persona giuridica ecclesiastica o l’ordine religioso sostengono spese per scopi diversi da quelli che autorizzano l’esenzione dall’imposta sull’entrata. In quest’ultimo caso, l’obbligo di presentare le dichiarazioni sugli anticipi mensili sorge dal mese in cui sono state sostenute quelle spese per altri scopi.

L’esenzione dall’imposta può essere concessa dopo la presentazione della denuncia annuale del reddito e dopo che il contribuente abbia dimostrato che si sono verificate le circostanze che giustificano tale esenzione in base a quanto prescritto all’art. 2 c. 2 del decreto per l’imposta sull’entrata.

3. - Durante l’accertamento dei redditi della diocesi bisogna considerare parte del reddito anche le somme ricevute dalla diocesi da parte delle varie parrocchie. In relazione a ciò, le somme trasmesse dalle parrocchie alla diocesi, rappresentando entrate della parrocchia, vanno considerate come costi per il conseguimento di entrate. Nell’accertamento di imposte per le diocesi, l’ordine di pagamento deve essere emesso sui nomi degli amministratori delle diocesi.

4. - L’obbligo di tenere i libri contabili da parte delle persone giuridiche ecclesiastiche o degli ordini religiosi sarà regolato con apposita ordinanza del Ministro delle finanze, pubblicata sul « Dziennik Ustaw ».

 

II) Tassazione degli ecclesiastici (persone fisiche).

 

1. - Le retribuzioni degli ecclesiastici (sacerdoti) e religiosi, pagate con i fondi della Curia o di altre istituzioni diocesane in base ad elenchi di pagamento, come anche le retribuzioni degli ecclesiastici e dei religiosi che provengono da un lavoro giornaliero (entrate dei professori, prefetti, membri delle amministrazioni delle Case provinciali, ecc.) sono soggette a tassazione in base alle disposizioni per l’imposta sulle retribuzioni.

2. - Le entrate degli ecclesiastici — escluse quelle menzionate nel punto 1 (per es. parroci, vicari, ecc.) — sono soggette a tassazione in base alle dispo­sizioni per l’imposta sull’entrata. Queste persone devono denunciare l’obbligo della tassazione con l’imposta sull’entrata sulla base di quanto fissato dalla lettera circolare del Ministero delle finanze del 9 ottobre 1957 sulla denuncia da parte degli ecclesiastici dell’obbligo di tassazione con l’imposta sulla entrata.

3. - Il Ministero delle finanze può sospendere l’obbligo per gli eccle­siastici (persone fisiche) di tenere i libri delle tasse. Se nonostante ciò, l’eccle­siastico terrà i libri e li presenterà all’organo finanziario, in tal caso vanno considerati come un’altra documentazione ai fini dell’imponibile.

4. - Come criterio di accertamento dell’ammontare del reddito impo­nibile per gli ecclesiastici della confessione cattolica bisogna assumere il numero degli abitanti della parrocchia. Le entrate per le funzioni pastorali dei parroci, unitamente al valore dei locali occupati (escluse le entrate da altre fonti) devono essere calcolate, secondo le condizioni locali, nel seguente modo:

  • secondo il numero degli abitanti

  • secondo il numero degli abitanti delle parrocchie nei Territorio restante, nei territori dello Stato recuperati e nelle diocesi di Przemysl e di Tarno fino a 500 abit.9.200 zl. 9.200 zl.

Da 500 a 1000 ab. 12.000 » 13.000 »

»1.000»2.000 » 16.000 » 18.000 »

»2.000»3.000 » 20.000 »22.500 »

»3.000»5.000 » 24.000 » 27.000 »

»5.000»8.000 »28.000 »32.000 »

» 8.000»10.000 »33.000 »37.000 »

»10.000 »15.000 »38.000 »42.000 »

per ogni mille abitanti sopra

i 15.000 1.500 »2.000 »

Le entrate annuali approssimative dei rettori delle chiese e dei vicari devono essere comprese entro i seguenti limiti:

campagne e piccole città (non sedi di distretto) 12.000 zl.

città sedi di distretto 18.000»

città sedi di voivodato 24.000»

 

La denuncia degli ecclesiastici contenente i redditi entro i limiti sopra menzionati, può essere assunta, in linea di principio, come base per la tassazione. Nel caso in cui l’ecclesiastico abbia denunciato una somma inferiore al limite medio, oppure nel caso in cui tale limite per una determinata persona risulti troppo basso, bisogna allora stabilire la base per la tassazione sentito il parere degli organi finanziari di seconda istanza, che per tali questioni si intenderanno con il Dipartimento per gli affari ecclesiastici del Presidium del Consiglio popolare di voivodato e con la competente Curia.

Per gli ecclesiastici degli altri culti che ricevono somme dai fedeli in pagamento di servizi religiosi, si adottano, in linea di principio, criteri analoghi.

5. - I principi stabiliti nel punto 4 devono essere applicati anche per la fissazione degli anticipi mensili, a partire dall’anno fiscale 1959.

6. - Le prescrizioni sulle riduzioni o sugli aumenti delle imposte previste negli artt. 18 e 20 del decreto per l’imposta sull’entrata e le analoghe prescrizioni previste per i contribuenti delle imposte sulle retribuzioni, hanno sempre valore anche per gli ecclesiastici.

7. - Le forme di appello per gli ecclesiastici del culto cattolico vanno decise dopo aver chiesto il parere del Dipartimento per gli affari ecclesiastici e della Curia vescovile; le forme di appello per gli ecclesiastici degli altri culti, sentito il parere del Dipartimento per gli affari ecclesiastici e delle autorità ecclesiastiche di tali culti.

 

III) Imposta fondiaria.

 

I poderi agricoli in possesso delle confessioni religiose e delle loro istituzioni, giuridicamente riconosciute, di ordini e congregazioni religiose o di associazioni religiose legalmente esistenti, in base a quanto disposto al § 3 comma 1, punto 6 dell’ordinanza del Consiglio dei ministri dell’8 giugno 1955 sono soggetti all’imposta fondiaria secondo la tariffa d’imposta fissata all’8%, a condizione che le entrate, in base allo statuto, saranno integralmente spese per scopi di culto religioso, di istruzione, di beneficenza e di assistenza sociale. Se questa condizione non è rispettata, si deve calcolare l’imposta secondo le tariffe mobili.

L’imposta fondiaria a carico dei parroci per i terreni della parrocchia affittati a contadini, va riscossa in primo luogo dai parroci e solamente nel caso in cui l’esazione dell’imposta si rendesse impossibile, si deve imporre la responsabilità della tassa al contadino di questi terreni ed esigerla dal contadino stesso.

 

IV) Imposte sui locali.

 

L’imposta sugli immobili di proprietà delle confessioni religiose o di loro istituzioni, di ordini e congregazioni religiose o associazioni religiose va calcolata in base alle prescrizioni del decreto su alcune imposte e tariffe locali. Non sono soggetti a tassazione solo quegli immobili o loro parti che servono esclusivamente e direttamente per scopi di culto religioso (per es. chiese, cappelle, case di preghiera). Questi principi vanno applicati anche sui Territori recuperati, ma solo riguardo agli immobili che costituiscono la proprietà degli enti ecclesiastici menzionati e degli ordini religiosi. Si precisa nello stesso tempo che gli immobili che si trovano sui Territori recuperati e che erano di proprietà di persone giuridiche ecclesiastiche e religiose tedesche di diritto pubblico, non sono di proprietà di quegli enti ecclesiastici e religiosi che attualmente li utilizzano, dato che le confessioni religiose e le loro associazioni, gli ordini e le congregazioni religiose non hanno acquisito la proprietà di questi immobili in base all’art. 2 c. 4 del decreto dell’8 marzo 1946 sulle proprietà abbandonate ed ex-tedesche. Proprietario di questi immobili è lo Stato, oppure sono sottoposti all’amministrazione delle autorità di liquidazione (artt. 4 e seguenti del decreto)1 Su questi immobili non bisogna calcolare la tassa sugli immobili per le persone giuridiche ecclesiastiche o per gli ordini religiosi.

L’imposta sui locali va calcolata in base alle disposizioni vigenti sulle tasse e sulle tariffe locali; questo principio è obbligatorio anche per i Territori recuperati. Sono esenti dall’imposta solo quei locali che servono esclusivamente e direttamente per scopi di culto religioso.

 

V)Riscossione di tasse arretrate.

 

Con la lettera circolare del Ministero delle finanze del 26 gennaio 1957 è stata sospesa la riscossione degli arretrati per le imposte fondiarie dovute dalle persone giuridiche ecclesiastiche e dagli ecclesiastici per il periodo dai 1956 incluso.

Questa sospensione viene abrogata e pertanto si devono riscuotere i suddetti arretrati che provengono da immobili che non siano di proprietà di persone giuridiche ecclesiastiche o di ordini religiosi, ad eccezione dell’imposta sugli immobili dei Territori recuperati.

Sono anche soggetti a riscossione gli arretrati per le imposte derivanti da arricchimenti di guerra (sezione II) con l’eccezione ricordata nel precedente capoverso.

VI) Le precisazioni precedenti sui problemi che sono illustrati in questa lettera circolare — ed in particolare quelle contenute nella lettera circolare del Ministero delle finanze del 26 gennaio 1957, n. ZPO 5/5 e del 5 giugno 1957, n. PO 7035/3/57 — perdono il loro vigore a partire dall’anno fiscale 1959.

 

 

1Queste disposizioni hanno perso vigore in seguito all’emanazione della legge del 23 giugno 1971, pos. 156 sul passaggio alle persone giuridiche della Chiesa cattolica e delle altre chiese della proprietà di beni immobili situati nei territori occidentali e nord-orientali (Appendice, p. 437).

©GB FB

Trascina file per caricare